La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”), nella recente decisione C-490/19 (“Syndicat interprofessionnel de défense du fromage Morbier contro Société Fromagère du Livradois SAS”), si è espressa sulla prassi commerciale in base alla quale vengono riprodotti la forma o l’aspetto propri di prodotti la cui denominazione è protetta.

Di Dario Malandrino


Nello specifico, la Corte si è pronunciata su se tale prassi sia idonea a indurre il consumatore in errore sulla vera origine dei prodotti (in quanto spinto a pensare che, considerata la forma o l’aspetto del prodotto concorrente, esso sia in realtà il prodotto la cui denominazione è protetta). 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito che non si può escludere a priori che la riproduzione della forma o dell’aspetto di un prodotto oggetto di una denominazione di origine Protetta (“DOP”), senza che tale denominazione figuri sul prodotto di cui trattasi o sul suo imballaggio, possa rientrare nell’ambito di applicazione degli articoli 13, paragrafo 1, lettera d) del Regolamento UE 510/2006 (relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari) e del Regolamento (UE) 1151/2012 (sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari), che tutelano, inter alia, le Denominazioni di Origine Protetta.

La Corte di Cassazione francese, mediante rinvio pregiudiziale, aveva infatti chiesto l’interpretazione di tali norme nell’ambito di una causa che vedeva coinvolti le seguenti parti. Da un lato, l’associazione a tutela del formaggio Morbier; dall’altra, una società produttrice di formaggi. Nel novero dei formaggi prodotti da quest’ultima, ve ne era uno che, seppur denominato diversamente, riportava la striscia di carbone vegetale nero, propria del formaggio DOP Morbier

Da questa fattispecie, è sorta quindi la domanda: la riproduzione delle caratteristiche fisiche di un prodotto protetto da una DOP, senza l’utilizzo della denominazione registrata, è idonea a indurre in errore il consumatore sulla “vera origine del prodotto”, violando dunque il disposto delle norme di cui sopra (in particolare gli articoli 13, paragrafo 1, lettera d), in forza del quale, “le denominazioni registrate sono tutelate contro qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti”)?

La Corte di Giustizia europea ha risposto affermativamente a tale interrogativo, osservando in primis che, benché oggetto di tutela dei regolamenti di cui sopra sia la denominazione di origine registrata e non il prodotto che quest’ultima ha ad oggetto, vi è un nesso indissolubile tra la DOP e il prodotto da essa protetto: in base a questo assunto, la riproduzione della forma o dell’aspetto di un prodotto oggetto di una denominazione registrata, senza che tale denominazione figuri sul prodotto di cui trattasi o sul suo imballaggio, può rientrare nell’ambito di applicazione delle norme in oggetto proprio perché potenzialmente idonea ad indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.

Ovviamente, anche a valle di tale decisione, il rischio di confusione in questione dovrà valutarsi caso per caso, prendendo come parametri di riferimento la centralità della/e caratteristica/he in questione: ove si tratti di una caratteristica di riferimento e particolarmente distintiva del prodotto oggetto di DOP è possibile che la sua riproduzione, unitamente a tutti i fattori rilevanti nel caso di specie, induca il consumatore a credere che il prodotto di cui trattasi sia anch’esso tutelato da quella denominazione registrata. Diversamente, la pratica della riproduzione della forma o delle sembianze di un prodotto protetto da denominazione DOP deve ritenersi astrattamente lecita.

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