Il 7 luglio si è tenuta la presentazione della Relazione sull’attività svolta nel 2021 dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali – composta da Pasquale Stanzione, Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza – presso il Senato della Repubblica.
La Relazione è stata esposta dal Presidente del Collegio, il Prof. Stanzione, che ha illustrato i punti salienti dell’attività svolta dal Garante in un anno particolarmente significativo, ossia quello in cui la stessa celebra i suoi 25 anni.
Il Presidente del Collegio ha innanzitutto evidenziato le distorsioni sullo stato di diritto provocate dal conflitto russo-ucraino e dalla pandemia e, in tale contesto, il ruolo fondamentale giocato dalla normativa sulla protezione dei dati, che ha suggerito la direzione più conforme al personalismo sotteso alla costruzione dell’Unione europea.
La privacy, in particolare, ha dimostrato di essere un diritto duttile ma rigoroso, che mette la persona al centro dello sviluppo tecnologico, soprattutto quello segnato dall’avvento dell’intelligenza artificiale, del metaverso e, in generale, dal sempre crescente utilizzo delle piattaforme online. Questi ambiti sono oggi oggetto di grandi riforme, a livello europeo, che contribuiranno, ciascuna nel suo ambito, ad una rimodulazione dei poteri conforme ai valori della democrazia.
In questo contesto di fermento normativo, politico e tecnologico, la centralità della protezione dei dati, soprattutto nel 2021, si è riflettuta sul ruolo del Garante stesso, sovente chiamato a rendere pareri su atti legislativi e regolamentari, ad effettuare audizioni, nonché a partecipare ad indagini conoscitive.
La varietà dei contesti in cui il contributo del Garante viene richiesto, continua il Prof. Stanzione, fa capire come le istituzioni stanno guardando ad una innovazione inclusiva e antropocentrica. Si pensi alla disciplina del Green Pass che, grazie all’intervento dell’Autorità, ha consentito di delineare un equilibrio ragionevole tra sanità pubblica e riservatezza.
La protezione dei dati svolge quindi un ruolo baricentrico, imprimendo un indirizzo al Paese, grazie ad un dialogo costante tra l’Autorità e le istituzioni.
Specialmente indicativo è stato il ruolo svolto dal Garante sulla proposta del Governo in materia di utilizzo dei dati dei tabulati in ambito giudiziario che – recependo le indicazioni fornite dalle Corte di Giustizia dell’UE – limita l’acquisizione dei tabulati a reati particolarmente gravi e a presupposti stringenti, garantendo in ogni caso l’esercizio dei diritti degli interessati.
L’Autorità è poi intervenuta in tutti questi contesti in cui l’esigenza di proteggere soggetti vulnerabili era particolarmente pregnante, perseguendo obiettivi di tutela che da sempre caratterizzano l’attività del Garante.
In tal senso, il Presidente ha ricordato l’impegno profuso in ambito giornalistico e volto a scongiurare il pericolo che la libertà di informazione diventi una forma di spettacolarizzazione del dolore, soprattutto dei soggetti protagonisti delle vicende oggetto di narrazione. E ancora si pensi ai numerosi provvedimenti adottati per il contrasto al revenge porn e al telemarketing illegale, nonché per consentire un uso sicuro e consapevole del web da parte dei minori.
Non meno importante è stato il ruolo dell’Autorità nel contesto della delegificazione: il passaggio dalla regolamentazione tramite legge a quella tramite atti amministrativi, infatti, necessita di una omogeneità che, in Italia, è stata garantita anche dalla protezione dei dati, che “ha rappresentato un fattore unificante a fronte della frammentazione che il processo di digitalizzazione ha provocato”.
Illuminanti, infine, sono state le parole del Prof. Stanzione sulle sfide dell’innovazione digitale, soprattutto alla luce del noto PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Infatti, secondo il Presidente, il richiamo al termine “resilienza” indica la capacità dell’Italia (come anche dell’UE) di adattamento a congiunture avverse senza mai indebolire i diritti della persona (come dimostrato, come già accennato, nel periodo pandemico).
In definitiva, ad opinione dell’Autorità, l’innovazione va declinata in termini più complessi nella mera delega al digitale e deve essere intesa come un progetto di sviluppo organico in cui la tecnica sia posta a servizio dell’uomo.
Ariella Fonsi