Privacy online, Tim Berners-Lee propone il ‘contratto per il web’. Ma è difficile che basti
di Guido Scorza
Pubblicato da: Il Fatto quotidiano
Il socio di E-Lex avv. Guido Scorza, in un articolo sul suo blog online su «Il Fatto Quotidiano», affronta la proposta avanzata, via Twitter, da Tim Berners-Lee di cambiare il world wide web attraverso un nuovo contratto sociale.

Si chiama “contratto per il web” e si tratta di un nuovo “www” che, questa volta, non significa “world wide web” ma “web we want”, il web che vogliamo.
È il progetto che dopo una lunga gestazione Tim Berners-Lee – il geniale papà del web creato e regalato al mondo poco più che trentenne – frattanto divenuto “Sir”, propone per salvare la sua stessa creatura dalle derive che ne hanno segnato la crescita e lo sviluppo negli ultimi decenni: “Se non riusciamo a difendere la libertà del web ‘aperto’, rischiamo una distopia digitale di disuguaglianza radicale e abuso dei diritti. Dobbiamo agire ora”, è l’accorato appello lanciato ieri via Twitter dal papà di una delle invenzioni che, più di ogni altra, ha cambiato la società e il corso della storia dell’umanità.
E l’idea è, nella sostanza, quella di un nuovo contratto sociale per effetto del quale governi, Società private – colossi del web in primis – e cittadini del mondo potrebbero garantire uno sviluppo sostenibile della società globale attorno al web.
Tre impegni solenni per ciascuna “parte” del contratto: connettività per tutti, accessibilità delle risorse online senza discriminazioni e rispetto per la privacy dei cittadini sono quelli rivolti ai governi; prezzi accessibili per la connettività, ancorarispetto per la privacy e sviluppo di tecnologie antropocentriche quelli che dovrebbero assumere le società private; infine, creatività, civiltà e rispetto della dignità umana nonché difesa a oltranza dei valori originari del web quelli indirizzati a tutti i cittadini del mondo.
Impossibile non essere d’accordo sia sull’esigenza di impegnarsi sui principi – per la verità molto alti ma “centrati” – identificati da Sir Tim Berners-Lee e, probabilmente, difficile anche non condividere l’idea secondo la quale la salvezza diuna creatura globale come il web passa per la “firma” di un nuovo “contratto sociale”.
Ma l’impressione è che l’impresa nella quale si è lanciato anima e corpo il papà del web – garantire alla società sviluppatasi attorno alla sua creatura un futuro sostenibile – sia, questa volta, più ardua di quella che trent’anni fa lo portò a dare i natali al web e che, questa volta, la sua straordinaria lucida follia non basti.
L’allarme che Sir Berners Lee lancia non è nuovo e, anche solo a fermare il calendario all’ultimo decennio, nel mondo si è assistito a un pullulare di esercizi di “codificazione”, “contrattualizzazione” e persino “costituzionalizzazione” di alcuni dei principi che vengono comunemente identificati come indispensabili a garantire che la società del web non sia, almeno, meno libera, della società prima del web.
Internet bill of rights, Magnae Cartae, Marco civil, carte dei diritti e doveri di Internet, codici etici per Internet e, più di recente – anche se la questione è solo parzialmente sovrapponibile – per la convivenza tra uomini e macchine intelligenti, si sono moltiplicati in ogni parte del globo a iniziativa di tutte le diverse categorie di soggetti che Berners Lee vorrebbe come parti del suo contratto.
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