Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del mercato degli e-Sports. Il settore, che è in continua ed esponenziale crescita, ha bisogno però di un framework giuridico chiaro e trasparente in cui tutti gli attori possano operare in sicurezza.
Introduzione
L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha dato una notevole rilevanza mediatica al settore degli e-Sports, facilitando la diffusione della disciplina. L’iniziale sospensione di tutte le manifestazioni sportive, infatti, se da un lato ha dirottato una cospicua parte del pubblico verso il mondo e-Sports, dall’altro lato ha obbligato anche l’industria sportiva a guardare al digitale.
In realtà, il settore era in crescita già da tempo. Tanto è vero che la crescita silenziosa del fenomeno nel corso degli anni, ha portato a prevedere che il mercato degli e-Sports diverrà quello più redditizio a livello globale (cfr. gli articoli pubblicati dal Forbes e dall’Insider).
Ma cosa sono esattamente gli e-Sports? La parola e-Sports (abbreviazione di electronic sports), tradotta in italiano con “sport elettronici”, in realtà, identifica due tipologie di attività che comprendono sia il giocare videogiochi a livello competitivo organizzato e professionistico, che il guardare le competizioni che si svolgono nel settore, sia in strutture organizzate che in streaming (su piattaforme come Twich.tv).
Gli e-Sports hanno sostanzialmente lo stesso meccanismo degli sport tradizionali in cui giocatori professionisti si sfidano tra di loro in eventi in diretta (con tanto di commentatori e telecronaca) con il supporto dei loro fan e degli sponsor.
Proprio per questo, sebbene tutti gli e-Sports siano dei videogiochi, non tutti i videogiochi possono essere annoverati tra gli e-Sports. Questi ultimi, infatti, devono presentare delle caratteristiche di competizione, il cui esito deve essere determinato da abilità operative e strategiche dei giocatori.
Inoltre, mentre gli sport tradizionali rimangono sempre gli stessi nel tempo, gli e-Sports variano in base a meccanismi imprevedibili che, molto spesso, vanno ad identificarsi nella popolarità di alcuni titoli videoludici tra la community del gaming. Si pensi, ad esempio, alla popolarità che hanno avuto in questi ultimi anni videogiochi come: League of Legends, Dota 2, Counter Strike Global Offensive, Startcraft 2, Fortnite, Fifa, etc.
La necessità di una regolamentazione del settore e-Sports
Nonostante la crescente domanda dei consumatori e la sempre maggiore attenzione delle industrie dello sport, manca, allo stato attuale, un solido quadro giuridico-normativo che tuteli tutti gli attori che operano all’interno del settore.
Si pensi, ad esempio, alle associazioni o alle società preposte ai pro-gamers, agli organizzatori di eventi, alle società di media (comprese le piattaforme online), agli sponsor e agli editori di videogiochi.
Inoltre, mancano organi istituzionali che regolino e monitorino le stesse competizioni e-sportive. In tal modo, il panorama e-Sports risulta essere particolarmente incerto, oltre che vulnerabile. Tra i possibili inquinamenti, si pensi:
- all’utilizzo di software non regolamentari per alterare l’esito della competizione;
- al match-fixing degli eventi e-sportivi;
- al doping dei pro-gamers che, nel caso degli e-Sports, può riguardare sia l’assumere sostanze per migliorare le prestazioni mentali, che l’utilizzare dei software che sostituiscono o migliorano la prestazione e-sportiva in senso stretto (c.d. cheating).
È evidente che in un settore con così tanti interessi in gioco debbano essere garantiti sicurezza e trasparenza. Sotto questo aspetto, già nel 2016, l’American Bar Association aveva affermato la necessità di costruire una governance globale che potesse adattarsi a tutte le peculiarità degli e-Sports, evidenziando le numerose branche del diritto coinvolte in questo settore.
Negli ultimi anni, all’interno dell’Unione Europea, alcuni Stati (come la Spagna) hanno mosso dei passi verso una regolamentazione del settore, ma non c’è stato un cambio di passo significativo in merito.
L’unica iniziativa pioneristica è stata mossa dalla Francia con la legge per una Repubblica Digitale n. 1321/2016, con la quale si è dato riconoscimento allo sviluppo dello sport elettronico da parte delle autorità pubbliche.
Con gli articoli 101 e 102 di questa legge, entrata in vigore nell’ottobre del 2016, la Francia ha regolato sia l’organizzazione degli eventi e-sportivi che lo status dei giocatori professionisti.
L’art. 101 della legge descrive il concorso tra videogiochi come quello che “affronta, da un videogioco, almeno due giocatori o squadre di giocatori per un punteggio e una vittoria”.
L’art. 102, invece, definisce il pro-gamer come “qualsiasi persona la cui attività pagata coinvolge la partecipazione a concorsi di videogiochi in un rapporto di subordinazione giuridica con un’associazione o un’impresa che sia autorizzata dal ministro responsabile per il digitale”.
L’iniziativa della Francia e le definizioni di cui sopra potrebbero essere una buona base di partenza, o, meglio ancora, uno stimolo anche per gli altri Stati, al fine di avviare un processo di regolamentazione del settore.
Un segnale importante, che sicuramente va segnalato, è stata la nascita di una federazione rappresentativa del settore all’interno dell’Unione Europea.
Il 20 febbraio 2020, infatti, è stata fondata l’European Esports Federation (EEF), con lo scopo di rappresentare i giocatori e le organizzazioni di e-Sports nella società e nel panorama mediatico europeo, costruendo una piattaforma per i suoi membri e promuovendo il fenomeno e-Sports come un’attività sana, sostenibile e inclusiva.
Necessità di riconoscere gli e-Sports come disciplina sportiva
Un altro ostacolo che gli e-Sports hanno affrontato e continuano ad affrontare è quello di non riuscire ad essere equiparati agli sport tradizionali. In questo modo, i players professionisti non possono essere riconosciuti come degli atleti e le competizioni e-sportive non sono sottoposte alla giustizia sportiva.
Questo immobilismo è probabilmente da rinvenire nella difficoltà di inserire, in via estensiva, la loro definizione in quella più ampia di sport presente nella Carta Europea dello Sport (problema che potrebbe essere risolto inserendo una definizione ad hoc).
Ai sensi dell’art. 2 della Carta Europea dello Sport, infatti, lo sport viene definito come “qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”.
L’assenza della componente fisica negli e-Sports ha sempre destato perplessità ma, in realtà, chi pratica e-Sports sa bene che la situazione è completamente diversa.
Le discipline e-sportive, infatti, richiedono tantissimo allenamento fisico-meccanico, oltre che una concentrazione ferrea per tutta la durata della partita, potendo pochi millesimi di secondo cambiare l’esito di un round o di una partita. Non a caso, ogni team e-sportivo viene affiancato da uno staff nel quale rientra anche il mental coach.
Tra l’altro, non mancano esempi di discipline che sono state riconosciute come sport per caratteristiche di questo tipo. Si pensi, ad esempio, agli scacchi che vengono considerati uno sport proprio per le capacità mentali e di resistenza fisica dei giocatori, i quali devono mantenere la massima concentrazione per diverse ore.
Sotto questo aspetto, è importante segnalare che in Italia è nata la Federazione Italiana Discipline Elettroniche (FIDE), con l’obiettivo di rappresentare il network italiano di soggetti attivi nel mondo e-Sports. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) ha avviato un processo di riconoscimento della federazione FIDE. Ciò potrebbe portare ad un risultato storico per l’Italia in termini di riconoscimento sportivo ufficiale al settore.
Conclusioni
In conclusione, sebbene il puzzle stia iniziando a comporsi, mancano ancora delle basi giuridiche che possano dare solidità all’intero sistema.
Questa diffidenza, e per certi versi questa indifferenza verso la tematica, da un lato è da addebitare alla paura che, molto spesso, si ha nei confronti dell’innovazione; dall’altro, è frutto di un retaggio culturale che porta a guardare con preconcetto determinate tematiche. Basti pensare alla definizione che un giudice italiano dette dei videogiochi nel lontano 1982, in una storica pronuncia in materia, definendoli come “aggeggi nati per sollevare dalla noia gente sfaccendata” (Pretura Torino, 25 maggio 1982).
È giunto il momento di dare tutela a tutti questi attori coinvolti nel mondo e-Sports, intraprendendo un percorso di regolamentazione giuridica. Sul tema i principali interventi potrebbero riguardare:
- la regolamentazione dello stato giuridico del pro gamer e del rapporto contrattuale che lo lega al team per cui lavora;
- la regolamentazione dello sfruttamento dell’immagine del pro gamer;
- la protezione della prestazione e-sportiva tramite copyright;
- il trattamento dei dati personali dei giocatori (in particolar modo di quelli under 16);
- il gambling negli e-Sports;
- la predisposizione di un apparato sanzionatorio.
Infine, ma non certo per importanza, sarebbe opportuno guardare al mondo e-Sports non soltanto come una nuova opportunità di business, ma anche sotto una prospettiva di accessibilità, inclusività ed uguaglianza.
Il bello delle discipline e-sportive, infatti, è che tutti possono praticarle. Grazie al progresso tecnologico sono state creati dei controller adattivi che garantiscono l’accessibilità ai videogiochi anche a chi è affetto da disabilità. Si pensi (qui un articolo interessante) che sono nate delle organizzazioni, in cui sono presenti terapeuti ed esperti di tecnologie, che progettano attrezzatture adatte ad ogni individuo in base ai suoi bisogni specifici.
Tutti possono così competere sullo stesso piano degli altri, venendo giudicati solo sulla base della propria bravura.