La Corte di Giustizia torna sul tema della vendita online di medicinali non soggetti a prescrizione e lo fa rispondendo ad una questione pregiudiziale in materia di pubblicità, concorrenza e limiti alla libera circolazione dei servizi nel mercato interno (sentenza 1° ottobre 2020, caso C-649/18).
La questione pregiudiziale nasce da un caso francese in cui alcune associazioni rappresentative degli interessi dei farmacisti stabiliti in Francia avevano agito nei confronti di una società olandese che, attraverso il proprio sito internet, vendeva a clienti residenti in Francia farmaci non soggetti a prescrizione, promuovendo i propri servizi attraverso diverse forme pubblicitarie, dall’inserimento di volantini alle offerte promozionali consistenti in uno sconto al raggiungimento di una determinata soglia di spesa sino all’acquisto di pubblicità a pagamento (nella forma di maggiore visibilità) sui motori di ricerca e i siti di comparazione dei prezzi.
Le contestazioni delle associazioni francesi si concentrano proprio su questi mezzi pubblicitari che vengono considerati come una forma di concorrenza sleale in contrasto con il decoro della professione di farmacista e la legge francese in materia di pubblicità e vendita online di medicinali (per esempio, sotto il profilo del divieto, previsto dalla legge francese, di spingere i pazienti verso il consumo abusivo di medicinali o di utilizzare pubblicità a pagamento sui motori di ricerca).
La Corte di Giustizia è stata quindi chiamata a verificare la compatibilità di divieti e restrizioni come quelli previsti dalla legislazione francese in tema di promozione della vendita online di medicinali da banco, rispetto alla Direttiva sui prodotti medicinali per uso umano (Direttiva 2001/83/EC) e la Direttiva sul commercio elettronico (Direttiva 2000/31/EC).
Per rispondere alla questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia parte da una premessa: a prescindere che sia svolta con mezzi fisici o elettronici, un’attività pubblicitaria come quella posta in essere dalla società olandese costituisce un elemento accessorio rispetto alla vendita online di un bene o servizio; per questo motivo, in base alle regole generali stabilite dalla Direttiva sul commercio elettronico, uno Stato membro di destinazione di un servizio di vendita online di medicinali non soggetti a prescrizione medica non può di regola limitare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione di un altro Stato membro, salvo nei casi in cui tale restrizione sia giustificata da determinati obiettivi di interesse pubblico.
Da tale premessa, la Corte di Giustizia fa discendere tre importanti corollari:
- Il divieto di applicare sconti sulla vendita di medicinali al raggiungimento di determinate soglie di spese è compatibile con il diritto dell’Unione nella misura in cui sia diretto a prevenire l’uso eccessivo o inappropriato di medicinali e sempre a condizione che il divieto riguardi i soli medicinali e non anche i prodotti parafarmaceutici.
- Nella stessa prospettiva, anche l’obbligo per il paziente di compilare un questionario online prima di perfezionare l’ordine di acquisto è stato ritenuto compatibile con il diritto dell’Unione, in considerazione del fatto che da un lato scopo dell’obbligo è prevenire acquisti compulsivi e dall’altro la compilazione online di un questionario rappresenta una misura proporzionata rispetto al raggiungimento di tale scopo.
- A una conclusione opposta la Corte di Giustizia è invece arrivata quando si è trattato di valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione del divieto di fare ricorso all’acquisto di una maggiore visibilità sui motori di ricerca e i siti di comparazione per promuovere la vendita online di medicinali non soggetti a prescrizione. Tale divieto è stato infatti considerato come una restrizione non giustificata alla libera prestazione dei servizi della società dell’informazione, limitando la possibilità per una farmacia di farsi conoscere dai potenziali clienti residenti in un altro Stato membro e di promuovere così i propri servizi di vendita. Pertanto, secondo la Corte uno Stato membro di destinazione di un servizio di vendita online di medicinali non soggetti a prescrizione non può vietare alle farmacie di fare ricorso alla pubblicità a pagamento sui motori di ricerca e i siti di comparazione dei prezzi.
Nell’ordinamento italiano la pubblicità di medicinali non soggetti a prescrizione medica trova la sua disciplina nel decreto legislativo n. 219/2006 che individua come principi fondamentali della materia l’idoneità del messaggio a favorire un uso razionale del medicinale e la sua non ingannevolezza. Per quanto riguarda l’utilizzo di internet come canale per pubblicizzare un medicinale non soggetto a prescrizione, è necessario attenersi alle linee guida predisposte dal Ministero della salute in relazione all’utilizzo dei nuovi mezzi di diffusione nella pubblicità sanitaria. Alla luce della sentenza della Corte di Giustizia, appare oggi quanto mai opportuno un intervento del Ministero in grado di chiarire limiti e forme di utilizzo della pubblicità a pagamento di medicinali non soggetti a prescrizione sui motori di ricerca e sui siti di comparazione dei prezzi.