Un più elevato livello di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica è fondamentale per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini e agli utenti, ma il ricorso alle tecnologie resta sempre subordinato ai principi dell’azione amministrativa. In alcune recenti sentenze, il TAR per il Lazio, sede di Roma, si è espresso sul diritto di accesso al codice sorgente del software sviluppato dal CINECA e utilizzato dal MIUR per lo svolgimento delle prove scritte di un concorso pubblico. Le pronunce fanno il punto in tema di trasparenza degli algoritmi impiegati dalle pubbliche amministrazioni per la gestione automatizzata delle attività di pubblico interesse.
L’utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni di software basati su algoritmi per incrementare l’efficienza dell’attività amministrativa è un fenomeno sempre più frequente. Questo perché l’utilizzo degli algoritmi consente di automatizzare la gestione dei processi interni delle amministrazioni e così ottenere importanti risultati in termini di risparmio di tempo e di risorse.
La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che il ricorso a queste tecnologie da parte delle pubbliche amministrazioni non solo è ammissibile, ma è anche auspicabile, perché risponde ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa imposti dalla legge, secondo i quali la pubblica amministrazione è tenuta a realizzare i propri fini con il minor dispendio di mezzi e risorse e attraverso lo snellimento e l’accelerazione dell’iter procedimentale. Pertanto, si è detto, un più elevato livello di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica è fondamentale per migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini e agli utenti.
Tuttavia, il ricorso alle tecnologie deve sempre rispondere ai principi generali dell’azione amministrativa.
In vantaggi derivanti dall’automazione del processo decisionale, infatti, non possono essere conseguiti a scapito dei principi di trasparenza e di pubblicità del procedimento amministrativo o in elusione dell’obbligo di motivazione delle decisioni assunte dalla PA.
La decisione amministrativa algoritmica resta pur sempre una decisione amministrativa, rispetto alla quale, pertanto, deve essere garantita:
- la possibilità per il destinatario della decisione di verificare che gli esiti del procedimento siano conformi alle prescrizioni e alle finalità prestabilite dalla legge o dalla stessa amministrazione;
- la possibilità per il giudice amministrativo di esercitare il sindacato giurisdizionale con cognizione piena sulla decisione, anche sotto il profilo della sua logicità e ragionevolezza.
In altre parole, la conoscibilità del meccanismo attraverso cui si giunge della decisione amministrativa che si avvale dell’automazione, implica il diritto ad accedere alla regola informatica che governa il suo funzionamento, ossia l’algoritmo.
Con le sentenze nn. 7370/2020, 7526/2020 – da ultimo confermate con la sentenza del 18 dicembre 2020, n. 13692 – il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Terza bis, si è espresso sul diritto di accesso al codice sorgente del software utilizzato al fine di automatizzare alcune fasi di svolgimento di un concorso pubblico indetto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) per la selezione di dirigenti scolastici.
Oggetto comune alle controversie è il diritto dei partecipanti alla conoscenza del funzionamento del programma utilizzato dal MIUR e di proprietà del CINECA, il Consorzio interuniversitario che, sotto il controllo dello stesso Ministero, fornisce beni e servizi ICT in favore di numerosi enti pubblici (il CINECA è anche Cloud Service Provider qualificato dall’AgID e iscritto nel registro dei CSP in house).
Tra i motivi posti a sostegno del diniego di accesso al codice sorgente del software, oggetto di impugnativa nei ricorsi, infatti, vi era anche la ritenuta necessità di tutelare la proprietà intellettuale, nonché i segreti di natura commerciale ed economica che, a dire dell’amministrazione resistente, sarebbero stati inevitabilmente compromessi dall’integrale ostensione dell’algoritmo, con grave danno sia per il CINECA, in qualità di proprietario del software e titolare del know how per la sua realizzazione, sia per lo stesso Ministero, che non avrebbe potuto più utilizzare il programma per future procedure concorsuali.
Nel valutare l’ammissibilità e la fondatezza delle doglianze esposte dai ricorrenti, il TAR Lazio si è soffermato sulla sussistenza dei presupposti del diritto di accesso, chiedendosi, innanzitutto, se il software in questione fosse stato deputato allo svolgimento di attività di pubblico interesse.
Pertanto, il Tribunale ha approfondito le funzioni svolte dal software nell’ambito della procedura concorsuale dal programma informatico, il quale era stato impiegato per consentire agli utenti di visualizzare le domande precaricate sul sistema, di fornire una risposta alle stesse, di salvare le risposte, collezionandole e cifrandole in vista della loro successiva messa a disposizione delle commissioni valutatrici. Dopodiché, il Tribunale ha rilevato che, sebbene nell’esecuzione di tali attività, definite strumentali, il software si atteggiasse ad elemento “neutro” della procedura, ossia non deputato a compiere valutazioni, le stesse attività sono da ritenersi comunque di pubblico interesse. Altrettanto si sarebbe detto, infatti, se quelle stesse attività fossero state svolte in modo tradizionale, ossia manualmente dal personale dell’amministrazione.
Eventuali errori compiuti nell’esecuzione di attività strumentali allo svolgimento della procedura concorsuale, infatti, ben possono generare un travisamento dei fatti, così viziando l’istruttoria procedimentale e la conseguente decisione finale. E ciò può avvenire tanto a causa dell’errore dovuto all’attività umana compiuta durante la prova, quanto per effetto di un errore di programmazione o di esecuzione del software.
Pertanto, ha affermato il TAR Lazio, “riconoscere al codice sorgente di un software la natura di elemento neutro, invero, postula la necessità di accertare, non solo in astratto ma in concreto, quale sia l’effettivo impatto del codice sorgente sull’attività amministrativa posta in essere mediante l’utilizzo di un programma informatico”.
Una volta appurato ciò, il TAR Lazio è passato a valutare se effettivamente le rappresentate esigenze di riservatezza del codice sorgente del software fossero meritevoli di tutela, escludendolo.
Con riferimento alla tutela dell’interesse industriale e commerciale del CINECA, il Tribunale – richiamando quanto in precedenza stabilito dalla stessa Corte sulla nozione di documento amministrativo informatico – ha rilevato che, a prescindere dalla natura giuridica del soggetto proprietario del software, in questi casi è dirimente il fatto che l’algoritmo sia stato utilizzato per lo svolgimento di un’attività dell’amministrazione di pubblico interesse, quale è l’organizzazione del servizio pubblico rappresentato dalla pubblica istruzione, nonché di rilievo costituzionale, trattandosi di un concorso pubblico. Prevalgono, pertanto, le esigenze di pubblicità e trasparenza che contraddistinguono questo tipo di procedure.
Per quanto concerne, invece, i profili legati alla sicurezza del programma, il Tribunale, innanzitutto, ha ricordato che in materia di digitalizzazione dell’attività amministrativa vi è una netta preferenza del Legislatore per l’uso di software liberi, ovvero a codice sorgente aperto, e, inoltre – rilevo ancor più decisivo – che, ai sensi dell’art. 69 del Codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82/2005), si evince chiaramente che l’accessibilità e la conoscenza dei codici sorgente dei programmi utilizzati dalla PA è la regola, non determinando tale circostanza necessariamente una vulnerabilità della sicurezza del programma utilizzato, ed anzi è voluta dal Legislatore al fine di consentire il riuso dei programmi. Solo quando sussistano motivate ragioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa nazionale e consultazioni elettorali tale accessibilità è recessiva, ma l’eccezione essere adeguatamente motivata.
In ragione di tutto quanto esposto, quindi, il Tribunale ha accolto i ricorsi e ha disposto l’ostensione del codice sorgente del software in favore dei ricorrenti.
In conclusione, con le pronunce appena esaminate, il giudice amministrativo ha fornito nuovi e interessanti spunti in materia di trasparenza delle soluzioni informatiche utilizzate dalla PA, aggiungendo un ulteriore tassello alla definizione di criteri utili per le amministrazioni chiamate a valutare quando e come garantire l’esercizio del diritto di accesso degli utenti. I principi affermati dovranno essere tenuti in considerazione dalle amministrazioni anche in fase di approvvigionamento del software.