Rimborso dei biglietti e vessatorietà delle clausole contrattuali: il caso della Società SSC Napoli. Lo scorso 9 settembre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha dato notizia dell’archiviazione del procedimento pre istruttorio aperto nei confronti della società di calcio di Serie A SSC Napoli a causa della vessatorietà di alcune clausole contrattuali presenti nel Regolamento dello Stadio San Paolo e nelle condizioni di abbonamento per la stagione 2019/2020.

I profili contrattuali contestati dall’Autorità riguardavano: l’esclusione di responsabilità in caso di rinvio o annullamento della partita, le modalità di rimborso e la scelta del foro competente.

La contestazione principale concerneva la presenza di clausole che miravano ad escludere in toto la responsabilità della Società in caso di rinvio della partita. Una tale previsione è apparsa sproporzionata e idonea a generare un significativo squilibrio nei rapporti contrattuali, la cui conseguenza diretta si è tradotta in una limitazione dei diritti dei consumatori, per mezzo di clausole come vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 del Codice del Consumo.

La SSC Napoli, recependo le indicazioni dell’AGCM, ha eliminato le clausole indicate come vessatorie e ha, inoltre, riconosciuto espressamente il diritto dei tifosi in caso di rinvio della partita, di poter scegliere tra la fruizione dell’evento nella nuova data o il rimborso del biglietto.

In riferimento alle condizioni di abbonamento per la stagione 2019/2020 la Società ha operato ulteriori modifiche garantendo che, in caso di emanazione di disposizioni che impongano lo svolgimento delle partite a porte chiuse, sia previsto

il diritto dell’utente di usufruire dell’abbonamento già acquistato per assistere alla gara come originariamente programmata ovvero, in alternativa, di ottenere il rimborso della quota parte del costo dell’abbonamento commisurata al singolo evento rinviato e/o sospeso”.

Da ultimo, è stata modificata la clausola relativa alla scelta del Foro competente in caso di controversie, allineando la disposizione alla normativa vigente che stabilisce che, in caso di utente-consumatore, il Foro competente sia quello di residenza o domicilio di quest’ultimo.

L’Autorità ha confermato, inoltre, che sono tutt’ora in corso undici ulteriori procedimenti istruttori per la verifica di eventuali profili vessatori nei contratti di abbonamento o nelle condizioni di acquisto di biglietti, nei confronti di società di Serie A tra cui: Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A., Cagliari Calcio S.p.A., Genoa Cricket and Football Club S.p.A., F.C. Internazionale Milano S.p.A., S.S. Lazio S.p.A., A.C. Milan S.p.A., Juventus Football Club S.p.A., A.S. Roma S.p.A., Udinese Calcio S.p.A., Brescia Calcio S.p.A. e Unione Sportiva Lecce S.p.A.

La problematica del rimborso dei biglietti nel periodo del Covid-19

Il tema è di particolare interesse nell’attuale situazione epidemiologica e si inserisce in un contesto ben più ampio che non si limita al mondo del calcio.

La problematica delle modalità di rimborso dei biglietti si è infatti già posta in relazione agli spettacoli culturali, sportivi, ai pacchetti turistici e al settore dei trasporti.

La situazione precedente, creatasi all’improvviso nella fase di lockdown, è stata in parte sanata con l’articolo 88-bis della legge 27/2020, introdotto in sede di conversione del Decreto Cura Italia, il quale ha riconosciuto che “ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, ai contratti di soggiorno e ai contratti di pacchetto turistico”. Per tutte queste categorie di utenti è stato riconosciuto il diritto a ricevere un voucher di importo pari al prezzo pagato da utilizzare entro un anno dall’emissione, limitando le ipotesi di rimborso ad alcune fattispecie molto circoscritte.

Proprio su questa tema era già intervenuta l’Autorità antitrust con una segnalazione al Parlamento inviata nello scorso maggio, in cui la stessa sottolineava delle forti criticità in relazione alla compatibilità dello strumento del voucher, così come delineato dal Cura Italia, con la normativa europea in materia di tutela del consumatore.

L’AGCM ha in primo luogo riportato la posizione della Commissione europea, espressa nella “Raccomandazione relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19” del 13 maggio 2020.

La Commissione, richiamando le diverse normative di settore, ha consentito l’utilizzo di voucher per ristorare i consumatori che non possano fruire dei servizi acquistati, ponendo tuttavia alcune limitazioni, tra le quali:

  • la scelta tra il voucher e il rimborso spetta al consumatore;
  • i voucher devono avere una durata minima di 12 mesi;
  • devono consentire al consumatore di utilizzarli anche dopo il termine di scadenza, qualora la prenotazione avvenga durante il periodo di validità del buono;
  • deve essere prevista una disciplina per il rimborso in caso di mancato utilizzo;
  • il voucher deve poter essere utilizzato per tutti i servizi o pacchetti offerti dal professionista;
  • il voucher deve essere trasferibile a terzi.

Al netto dei numerosi paletti posti dalla Commissione, ciò che emerge con forza e che si pone in contrasto con la previsione legislativa nazionale, è la necessità, ai fini della validità del ricorso ai voucher, dell’accettazione di questo strumento da parte del consumatore.

L’AGCM ha concluso la propria segnalazione rilevando la contrarietà dell’articolo 88-bis del Cura Italia con la normativa comunitaria rappresentando che

a fronte del permanere del descritto contrasto, in presenza di condotte in cui al consumatore viene negato il diritto al rimborso e offerto unicamente il voucher, l’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa spettanti a tutela dei diritti dei consumatori, interverrà per assicurare la corretta applicazione della normativa di fonte comunitaria disapplicando la normativa nazionale con essa contrastante”.

Si tratta di una posizione molto netta quella presa dall’Antitrust a tutela dei diritti dei consumatori. Proprio sulla scia di tale presa di posizione deve collocarsi l’apertura dei procedimenti istruttori nei confronti delle diverse società calcistiche di Serie A.

Oltre al fronte del public enforcement – ove si dovrà verificare se l’azione intrapresa dall’Autorità porterà ad una correzione volontaria delle clausole contrattuali vessatorie – sarà interessante valutare gli eventuali sviluppi che gli strumenti di private enforcement, tra cui sicuramente svetta la class action, potranno determinare nei prossimi mesi.

Di Andrea Pisano


Immagine di Thomas Serer su Unsplash

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