Lo scorso 7 luglio, con la sentenza T-668/19 – Ardagh Metal Beverage Holdings/ EUIPO, il Tribunale dell’Unione europea (“Tribunale”) si è pronunciato sul ricorso, avverso ad una decisione l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (“EUIPO”), riguardo al se un marchio costituito da un suono che riproduce l’apertura di una lattina di una bevanda, seguito da una pausa e di seguito da un gorgoglio, possa essere percepito come un indicatore dell’origine commerciale dei prodotti.

Di Fabiola Iraci Gambazza

I fatti

Nel giugno 2018, la società tedesca Ardagh Metal Beverage Holdings GmbH & Co. KG. presentava domanda di registrazione di un marchio sonoro presso l’EUIPO.

Detto marchio consisteva in un segno sonoro simile a quello prodotto all’apertura di una lattina di una bevanda, seguito da un silenzio di un secondo e da gorgoglio di nove secondi circa. I prodotti per i quali era richiesta la registrazione rientravano nelle classi ai sensi dell’Accordo di Nizza, numeri: 6 (a titolo esemplificativo e non esaustivo – come altresì per le altre classi – contenitori di trasporto, tra i quali quelli in metallo); 29 (prodotti lattiero caseari e relative bevande); 30 (caffè e altre bevande); 32 (birra ed altre bevande); 33 (altre bevande alcoliche, ad esclusione della birra).

La domanda di registrazione era, però, rigettata dall’esaminatore dell’EUIPO in virtù del fatto che il summenzionato marchio non poteva essere percepito come un indicatore dell’origine commerciale dei prodotti, in quanto privo del carattere distintivo, come previsto dall’art. 7, par. 1, lett. b) Regolamento 2017/1001 UE.

La seconda commissione dell’EUIPO confermava la decisione, aggiungendo che un suono per essere registrato doveva avere una certa pregnanza o una capacità di essere riconosciuto in modo da poter indicare ai consumatori l’origine commerciale dei prodotti e dei servizi.

Nel caso di specie, il marchio consisteva in un suono inerente all’uso dei prodotti e alla loro qualità, e non tanto come un’indicazione della loro origine commerciale. Pertanto, il marchio in questione risultava privo del carattere distintivo.

La società tedesca adiva, quindi, il Tribunale europeo, contestando la negata registrazione, sulla scorta di sei motivi, tra i quali – per quanto rileva questa sede – il terzo e quarto motivo, vertenti sull’errato criterio prescelto per la valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto e sull’erroneità della valutazione circa l’assenza del predetto carattere distintivo.

La normativa e giurisprudenza sul marchio europeo e la sua registrazione

Prima di riportare quanto affermato dal Tribunale, giova ricordare brevemente la normativa applicabile in materia di marchi riconducibile al Regolamento (UE) 2017/1001 (“Regolamento”).

In particolare, l’art. 4 del Regolamento, intitolato “Segni atti a costituire un marchio UE” prevede che possono costituire marchi EU, tutti i segni come le parole, la forma dei prodotti o del loro imballaggio ed altresì i suoni, a condizione che i segni siano adatti a: “a) distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e b) essere rappresentati nel registro dei marchi dell’Unione europea («registro») in modo da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare in modo chiaro e preciso l’oggetto della protezione garantita al loro titolare”.

Tutti i segni non conformi a quanto stabilito all’art. 4 sono esclusi dalla registrazione, nonché tutti quelli privi di carattere distintivo.

Difatti, l’assenza di carattere distintivo consiste in un impedimento assoluto alla registrazione all’art. 7 par. 1 lett. b) del Regolamento.

Con riferimento al carattere distintivo, la giurisprudenza ha chiarito che il marchio avente tale caratteristica consente di identificare il prodotto o il servizio per i quali è chiesta la registrazione come proveniente da un’imprese determinata e, dunque, di distinguere il prodotto o il servizio da quello offerto da altre imprese.

I marchi privi del carattere distintivo sono considerati inidonei ad esercitare la funzione essenziale del marchio, cioè l’identificazione dell’origine del prodotto o del servizio e il permettere al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio, di fare, al momento di un acquisto successiva, la stessa scelta.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale ha confermato la decisione dell’EUIPO nel negare la registrazione del marchio sonoro in questione, rigettando entrambi i motivi predetti.

I giudici lussemburghesi hanno evidenziato che i criteri di valutazione del carattere distintivo del marchio sono i medesimi per tutte le categorie di marchi. È richiesto che il segno sonoro di cui si chiede la registrazione abbia una certa pregnanza tale da consentire al pubblico interessato di percepirlo come marchio, avente quindi una facoltà di identificazione di quel dato prodotto e/o servizio.

Difatti, nonostante i consumatori siano abituati a percepire marchi denominativi o figurativi come segni identificativi dell’origine commerciale dei prodotti e dei servizi, non è detto che questo si verifichi nel caso di segno sonoro. Il consumatore deve poter riconoscere e ricollegare il marchio con l’origine commerciale associata in modo immediato, senza che questo accostato ad altri elementi.

I giudici lussemburghesi hanno ritenuto che sebbene la commissione dell’EUIPO abbia richiamato non correttamente la giurisprudenza sui marchi tridimensionali e analogicamente applicato il criterio per il quale il marchio deve discostarsi in modo significativo dalla norma o dagli usi del settore al fine di svolgere la sua funzione, questo non sia un errore tale da invalidare la pronuncia, in quanto la stessa – rectius la commissione – si è altresì basata su altre argomentazioni. Difatti, la commissione dell’EUIPO ha correttamente richiamato i criteri di pregnanza e capacità di riconoscimento del marchio, tali da poter indicare l’origine dello stesso.

La conclusione, quindi, a cui il Tribunale è arrivato con la pronuncia in parola è che il marchio in questione non sarebbe percepito dal pubblico come un elemento funzionale dei prodotti a cui fa riferimento, in quanto il solo suono del gorgoglio costituisce piuttosto un’indicazione della qualità di detti prodotti e non un’indicazione della loro origine commerciale.

In più, i giudici lussemburghesi notano che il silenzio dopo il suono di apertura e la lunghezza dello stesso gorgoglio non sono abbastanza pregnanti per poterli distinguere da altri suoni all’interno del settore delle bevande. Quindi, il solo fatto di aver associato il silenzio con il rumore non è una scelta inusuale, in quanto ricorrono come suoni tipici all’apertura di una bevanda.

La combinazione degli elementi che compongono il marchio sonoro, quindi, non è stata ritenuta tale da poter consentire ad un pubblico di riferimento di identificare i prodotti come provenienti da una determinata impresa e di distinguerli, di conseguenza, da un’altra.

Conclusioni

Pertanto, sinteticamente, il Tribunale ha deciso che un file audio contenente il suono che si produce all’apertura di una lattina di bevanda, seguito da un silenzio e da un gorgoglio, non può essere registrato come marchio per diverse bevande e per contenitori in metallo per il trasporto e il deposito, in quanto non presenta carattere distintivo.

La sentenza in parola rappresenta il primo caso in cui il Tribunale si pronuncia circa la registrazione di un marchio sonoro, nonché – indubbiamente – un precedente fondamentale.

Si ricorda, tuttavia, che la sentenza può essere impugnata di fronte alla Corte di Giustizia, entro due mesi e dieci giorni dalla notifica della stessa, limitatamente alle questioni di diritto.

Immagine di C D-X su Unsplash 

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